Ho visto Benedetta volare. Fra le corde di un’altalena

Calcinculo (Italia, Svizzera 2022)
Regia: Chiara Bellosi
Cast: Gaia Di Pietro, Andrea Carpenzano, Barbara Chichiarelli, Giandomenico Cupaiuolo, Francesca Antonelli, Alessio Praticò, Paola Tintinelli, Claudia Salerno, Germana Petavrachi, Rachele Petavrachi
Produzione: Tempesta, Tellfilm, Rai Cinema
Distribuzione: Istituto Luce
Genere: Drammatico
Durata: 88

Le farfalle vivono poco, ma durante quel breve tempo, esistono per volare e mostrare la loro bellezza, che si confonde coi fiori. Le farfalle volano. E per volare non devono incontrare ostacoli. Le farfalle finte, con le ali artificiali, sono tristi. Perché restano affisse e fisse nei loro finti voli, sugli stipiti di porte e finestre. Chiuse.

Un film italiano insolito, quello di Chiara Bellosi. Capace di raccontare l’adolescenza come pochi altri registi in Italia. Lontani dalla retorica, dal rumore e dallo stereotipo “ggiovane” e “giovanile”. Sapendo che si cresce, nel bene o nel male, chi più chi meno, a calci in culo.

La regista comasca, al suo secondo lungometraggio, fattasi notare già dal primo e ancora con questo, a Berlino, racconta la vita di Benedetta, un’adolescente che vive in una zona rurale non meglio identificata, insieme ai genitori e alle due sorelle minori. Se il padre ha la passione per le automobili, la madre sfoga le proprie frustrazioni sulla figlia maggiore, costretta a subire i calci in culo. Quella di Benedetta è un’esistenza per nulla felice, al modo di tante adolescenze. Ciò che darà una svolta alla possibilità che qualcosa cambi è l’arrivo nel paese dove vive Benedetta di un luna park, dove la ragazzina conosce Amanda, un bruco in un corpo da farfalla. Il loro è un rapporto di grandi dialoghi, tutti costruiti coi silenzi. Le grida inespresse ma evidenti nei corpi di entrambi sono ciò di cui fa la cifra questo gioiellino di film. Racconta l’adolescenza, ma da dentro ciascuno dei due protagonisti. Tutto quello che c’è fuori, realmente al modo di quello che è nella testa e nel cuore di ogni adolescente, resta fuori.

Chiara Bellosi ha uno sguardo libero, in fatto di contenuti e forma. E affida tutto questo a due interpreti assolutamente credibili e incredibili per la loro bravura, Gaia Di Pietro e Antonio Carpenzano. Pur mantenendo, dall’inizio alla fine del film, una dimensione molto intima, la regista pensa alla grande, riuscendo a mettere bene in mostra lo straniamento, il disgusto della carne cruda, masticata per prendere maggiormente consistenza della propria anoressia di sentimenti. L’impatto è forte, notevole. Man mano che la storia fra Benedetta e Amanda cambia, il desiderio di elevarsi e sospendersi, per vedere dall’alto la costrizione del vivere in così tanta bassezza, è un monito altrettanto incessante per dirsi che è necessario scendere dalla giostra. Perché la vita coi piedi in terra ha il sapore e l’odore del trucco sbavato, ma che resta. Vive del fango che fa incespicare, sbandare. Riconoscendosi soli. Calcinculo è un film sulla solitudine, ma dei numeri ultimi. Quelli che solo qualche cineasta, prima di Bellosi, hanno così bene narrato (Francois Truffaut, Gianni Amelio, Kim Rossi Stuart, Nunzia De Stefano, Marcello Sannino). La camera a mano, che insegue la quindicenne in sovrappeso, mette in bella mostra l’ossessiva fame che Benedetta mostra nei confronti della cura. Della spinta. Di quel calcio in culo, capace di farti allontanare dall’altro, perché nessuno abbia la tentazione di prenderti in braccio, se cadi o rallenti, nella possibilità che possa rialzarti, pronto per rimetterti in cammino. Anche soli. Ma quando le solitudini si ritrovano, ballano. Volano. Soprattutto se nei cieli delle solitudini adolescenziali restano distanti quei padri e quelle madri, sempre tanto, troppo impegnati a risolvere l’irrisoluta loro condizione esistenziale. Di cui i figli pagano l’anoressia e la bulimia, per eccesso o mancanza non di cure. Semplicemente di cura.

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