Educare non é controllare. Dare fiducia é lasciare cadere

Stavamo leggendo in classe i quotidiani, in modo particolare la cattiva storia di spionaggio nei confronti di politici, cantanti, imprenditori e altri “personaggi pubblici” come li ha definiti Andrea, uno studente di quinto anno.

“Ormai siamo tutti spiati, anche noi”. “Mica bisogna essere per forza dei personaggi, per essere spiati – ha spiegato Federica – Anche noi studenti lo siamo!”. E ha ragione Federica e i suoi compagni e compagne di classe, nonostante la loro diciottenne età, “ancora controllati dai genitori”, dice Giuseppe. “I registri elettronici ci mancavano!” ha sostenuto Mina. Non hanno torto, questi prossimi maturandi. Sin da quando sono bambini, per i genitori non esiste altra preoccupazione nei confronti dei: controllarli. “Ci si controlla quando non ci si fida”. Dice bene Teresa, perché fidarsi significa riporre nell’altro fiducia e affidare allo stesso la possibilità di sbagliare. L’unica condizione utile per imparare a crescere. Oggi, i figli vengono controllati mediante le app che indicano ai genitori la distanza che separa i loro pargoli da casa a scuola, o dai divani su cui si adagiano i padri e le madri ai giardinetti, dove si spera i figli, specie se adolescenti, se ne stiano “a core a core” con i loro fidanzati e fidanzate. Eppure, è diffusissima l’idea del controllo finanche nelle mutande dei propri figli: “con chi sei stata, con chi l’hai fatto, con la lingua, senza lingua. Solo abbracciati o altro? Sono le solite domande di madri invadenti. I padri intervengono dopo”. Quando le madri, se non è il caso di nascondere ai loro uomini, con cui hanno messi al mondo quei figli che forse hanno compiuto i passi da erranti, utili per imparare cosa è sbagliare.

Errare, voce del verbo andare e sbagliare: se non vado, non sbaglio. Se non sbaglio, non vado. E non è il controllo da grande fratello, da mattina a sera (le app, l’online o l’offline su WhatsApp, le videochiamate, ecc.) che stabilisce il grado della nostra accuratezza nei confronti dei nostri figli. Non vale così neanc he nei rapporti d’amore di qualsiasi genere. La cura è ben altro: è permettere di sbagliare, cadere, di essere liberi. Dare fiducia è far crescere i nostri figli senza il continuo fiato sul collo di padri e madri che, se vogliono fare di più per i figli, devo smettere di fare al posto loro. Al modo dei genitori che, continuamente, sono a scuola per giustificare o chiedere giustificazioni relativamente ai maledettissimi voti dei figli. Bisognerebbe avere il coraggio di dirgli di farsi i fatti loro.

Noi insegnanti avremmo dovuto rinunciare al pessimo registro elettronico, grazie al quale i genitori, da quando sono in bagno, fino a quando frequentano amanti o amici, sono continuamente informati sullo stato dei figli. Come i reclusi a cui è impedito evadere da un sistema claustrofobico. E invece dovremmo imparare dalle strette che gli adolescenti sanno darsi, quando si amano. Tolgono il fiato. Non l’aria, come quando manca la nostra fiducia nei loro confronti e li contagiamo della nostra fragilità, immaturità e ansie. Per cui, il controllo, è l’unica arma per ridurli come quei politici, cantanti e “personaggi” che, invece, minano continuamente la nostra fiducia in chi non ha bisogno del controllore per avvertirsi accurato. Bisognoso di cure, senza controllo.

Pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno dell’8 marzo 2024

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